Introduzione,
La famiglia degli strumenti a percussione è molto vasta, e con il passare del
tempo ha assunto un’importanza sempre maggiore e fondamentale nelle più
svariate situazioni musicali, dalla musica classica a quella contemporanea.
Possiamo dire, in generale, che la percussione è utilizzata per due principali
funzioni. In primo luogo, quella di sottolineare l’andamento ritmico, con
figurazioni tali da evidenziare la linea melodica; in questo caso la definizione
dell’altezza non è rilevante, poiché è sufficiente un colpo di breve durata. La
seconda funzione, al contrario, è quella di arricchire la melodia, ricorrendo a
strumenti con suono determinato, che comunque, per via del loro timbro dal
carattere inarmonico, riescono sempre a rimanere abbastanza distaccati da
un ensemble o da un’orchestra. Durante gli anni, specie a partire dal tardo ‘900,
il tentativo di classificazione di una grande famiglia come questa si è fatto
sempre più deciso: uno dei primi fu James Blades, percussionista inglese, che
nel 1971 scrive il suo libro “Strumenti a Percussione e la loro Storia”, ad oggi
una delle opere più importanti. In Italia, Guido Facchin, con il suo “Le
Percussioni”, è stato l’esempio più clamoroso di questo tentativo. Ciò che
accomuna queste grandi opere sono le due suddivisioni di tutti gli strumenti:
la prima è quella tra strumenti a suono determinato ed indeterminato, la
seconda è quella tra idiofoni (xilofono, vibrafono, marimba, piatti, gong
campane ecc.) e membranofoni (tamburi, timpani ecc.). In questa tesi
prenderemo in esame il tamburo rullante, un membranofono ad altezza
indeterminata. Nel tempo, questo strumento è stato soggetto a molte variazioni
e mutazioni, che come vedremo, porteranno alla nascita di vere e proprie
scuole di pensiero, differenti tra loro, in tutto il mondo.